16 febbraio 2013 | Francesco Falcone

Capoposto 2009, Alberto Longo

di Francesco Falcone
alberto longo

Mi sono rotolato in settemila letti, ho sedotto ovunque e comunque, come l’aeroplano che lancia le bombe a grappoli, ho baciato modelle nude e statuarie nei vicoletti di Capri, con la gente che poteva scoprirci da un momento all’altro, ho fatto la pipì addosso a due gemelle tedesche in una frazione di Hannover, ho scopato nel cesso sporco della stazione con Mafalda d’Amburgo, una delle nobildonne più snob, raffinate e inaccessibili che siano mai esistite, ho posseduto hostess americane in fondo all’aereo nella notte transoceanica che non si toglievano neanche il cappellino della divisa mentre si producevano in plastiche posizioni e che poi riattaccavano come se nulla fosse a servire Martini Dry.

A Toni Pagoda, protagonista di “Hanno Tutti Ragione” di Paolo Sorrentino (Feltrinelli, I Narratori, 2010), le buone occasioni non sono mancate nella vita, però a lui non è mai capitato di eccitarsi, e ripeto eccitarsi, per un vino. E non una bottiglia di quelle da sogno, ma un rosso poco costoso e assai poco conosciuto che si chiama Capoposto, è pugliese e lo produce Alberto Longo tra Lucera e San Severo.

Il 2009, premiato dalla guida espressica 2013 e riassaggiato numerosissime volte in questi mesi (l’ultima, in occasione del Postrivoro a Faenza) è davvero, davvero, davvero, davvero eccitante. E anche lasciarne una sola goccia, nel calice, sarebbe maleducazione, la stessa che c’è nell’alzarsi e andare a casa prima della fine di un grande pezzo davanti al naso del compositore.

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