31 marzo 2012 | Francesco Falcone

Chioggia e il suo Radicchio

di Francesco Falcone
radicchio


La parte meridionale della laguna veneta, di cui Chioggia è l’antico cuore, è un’oasi senza tempo e senza trucchi dove mi piace andare, di tanto in tanto, per respirare un po’ di silenzio salmastro, un po’ di desolata bellezza, un po’ di pace vera.

La modestia di Chioggia e di Pellestrina, meravigliosa fuga di case colorate distese lungo un’isola stretta e precaria come un interminabile terrazzino, preservano da sempre questi umidicci luoghi d’acqua e di risicata terra dal caos della Laguna settentrionale.

A nord sta dunque Venezia, museo del mondo (in verità un po’ malaticcio) e centro di gravità permanente dell’amore (ma anche di turismo di massa e di masse di topi); a nord stanno le celebri Burano e Murano; a nord sta il Lido, conosciuto dai cinefili di tutto il mondo, carico di mondanità, di cultura e di sorrisi di plastica.

A sud, invece, nella graziosa Chioggia, detta anche la “Piccola Venezia” (ma se glielo ricordate a un chioggioto, sentirete come s’incazza), la pace è parente della solitudine e della scarsa fama, la foschia è abituale e il paesaggio di assoluta e irrimediabile piattezza, a meno che non capitiate da queste parti dopo una giornata di bora: allora le cose cambiano e le sagome vulcaniche dei Colli Euganei, così come le vette azzurrastre delle prealpi venete, smuovono il panorama, regalando agli occhi del visitatore un briciolo di apertura e di luce.

Il mare è tutt’altro che affascinante: la sporcizia dell’acqua adorna di riflessi marroni le barchette attraccate al molo e ci si chiede, osservando la spiaggia di Sottomarina, come sia possibile che qualcuno possa farci il bagno.

Per questa ragione della Chioggia culinaria, più del pesce e della sua cucina di mare, mi piace ricordare il radicchio. Anche qui, meno celebre del Trevigiano, ma in ogni caso di lunga tradizione- e assai meno costoso.

Il Radicchio di Chioggia IGP può essere di due tipologie: il “precoce”, di pezzatura medio-piccola, e il “tardivo”, di pezzatura medio-grande. Il precoce viene seminato da dicembre ad aprile e viene raccolto da aprile a metà luglio; il tardivo viene seminato da fine giugno a metà agosto e viene raccolto da settembre a fine marzo (ed è quello che trovate in questo periodo al mercato).

Entrambi sono contraddistinti dalla forma tondeggiante, dall’inconfondibile colore rosso, dalle foglie innervate da molteplici diramazioni biancastre e dal sapore leggermente amarognolo.

Viene generalmente consumato crudo, da solo o in insalate miste, ma io lo adoro, in questa stagione, soprattutto a pranzo, saltato in padella, con un soffritto di aglio e olio, una dadolata di pancetta, qualche acciuga di quelle buone e una fetta sottile sottile di lardo comprato dal macellaio di fiducia. Abbinatelo a una buona birra, leggera e profumata: una Weiss andrà benissimo.

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