23 febbraio 2012 | Alessandro Masnaghetti

Coda di volpe 2010, Vadiaperti

di Alessandro Masnaghetti
garrincha

La coda di volpe, dal latino Cuada Vulpium, deve il suo nome per la forma caratteristica che ricorda proprio quello di una coda di volpe. Fino a qualche tempo fa era un vitigno utilizzato più da taglio, in assemblaggio, che non in purezza, ma grazie all’interessamento di alcuni produttori si è negli ultimi sempre più distinta come vino sì semplice, ma di tutto rispetto e piacevolezza. È diffusa in quasi tutto il territorio campano, ma nel Taburno e in Irpinia che trova il maggior numero d’interpreti. In Irpinia ho sempre avuto un debole per quella di Raffaele Troisi, dell’azienda Vadiaperti, di cui già ho scritto su questo spazio a proposito del suo Fiano.

Il 2010 è un vino al naso appena accennato nei toni fruttati, leggermente screziato da erbe aromatiche e particolarmente balsamico, contraddistinto da una spinta minerale che si traduce al palato in sale vero e proprio: un vino all’assaggio nervoso, irrequieto e buonissimo.

Come ho già scritto, a proposito di questa coda di volpe rispetto al buonissimo fiano (o al greco) di Raffaele, parafrasando un vecchio detto popolare brasiliano che parlava di Garrincha (ritratto in foto) e Pelé si potrebbe dire: Se parlate di Pelè, la gente si toglie il cappello. Se parlate di Garrincha, piange. Era l’alegria del povo, l’allegria del popolo. Proprio quel che è la Coda di Volpe di Vadiaperti.

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