5 febbraio 2012 | Francesco Falcone

La barbera e il Barbera d’Asti Superiore La Crena

di Francesco Falcone
la crena

Ultimamente non se ne parla più come qualche anno fa, ma il nome stesso della barbera (vitigno) e del Barbera (vino) non lascia indifferenti schiere di bevitori col bernoccolo del rosso piemontese. Non c’è angolo vitato della regione, infatti, dove questa importante uva rossa non venga coltivata: dal Monferrato (sua terra natale) alla Langa (dove contende al nobile Nebbiolo e allo storico Dolcetto il primato vitivinicolo della zona); dal Roero all’Alto Piemonte, fino a raggiungere le vette montanare della Valsusa e del Pinerolese.

Per rimanere al Barbera d’Asti, la sua rinascita o per meglio dire la sua
evoluzione qualitativa comincia intorno alla prima metà degli anni ’80, grazie alle intuizioni di Giacomo Bologna, vignaiolo e oste di Rocchetta Tanaro. Interprete tra i più carismatici in regione in quel fervente e indimenticabile periodo storico, elaborò un rosso di grande respiro, maturato in barrique nuove di rovere francese e capace di confrontarsi con i migliori vini nazionali: il Bricco dell’Uccellone. Quell’etichetta e il suo magnetico autore ebbero altri meriti: ridisegnarono il profilo organolettico della tipologia (facendo lampeggiare il talento nascosto di un rosso fino ad allora considerato “popolare”) e aprirono gli occhi a una generazione di nuovi e appassionati produttori, persuasi dalla bontà del progetto e dall’esito, subito confortante, dei risultati ottenuti.

In quella stagione e fino alla fine dei Novanta si può dire che quanto ha
guadagnato la barbera in termini di stima trova difficilmente un corrispettivo nel resto del paese. Il merito è dei tanti vignaioli che hanno saputo addomesticarla (attraverso una gestione agronomica ed enologica più attenta rispetto al passato), ma sopratutto di alcuni territori di assoluto valore dove il vitigno trova le condizioni climatiche e pedologiche ideali per esprimersi al meglio.

Uno dei terroir di pregio della denominazione è senza dubbio il comprensorio di Agliano, ubicato nell’Astesana d’Oltretanaro, dove sgorgano preziose acque solforose che alimentano una modesta attività termale. In quella campagna, straordinariamente vitata, c’è una vigna considerata di prima categoria dagli esperti: La Crena (vedi foto).

La si incontra scendendo da Costigliole d’Asti, lungo la strada che va verso Nizza Monferrato: i suoli sono marnoso-sabbioso-calcarei ricchi di fossili marini (una terra più compatta della media del comprensorio), la pendenza è moderata, lo sviluppo morbido, l’altitudine intorno ai 200 metri di quota, l’esposizione prevalentemente a sud-est, l’estensione (almeno della parte meglio esposta) pari a circa venticinque ettari.

Tra i nomi più noti che hanno vigne nel celebre cru spiccano quelli di Bava, Braida, Coppo, Villa Giada e Vietti. Ed è quest’ultima azienda, da sempre specializzata in Barbera d’autore nell’Albese (con il celebre Vigna Scarrone di Castiglione Falletto) che possiede l’appezzamento più grande (9 ettari). La famiglia Currado lo acquistò nel 1995 dai Trinchero di Costigliole e potè contare fin da subito su una parte di viti molto vecchie impiantate tra il 1932 e il 1935. È da quelle piante che proviene il loro Barbera d’Asti Superiore La Crena.

La prima vendemmia, la 1996, diede un risultato importante, almeno stando al racconto Luca Currado: <<un vino potente ma senza eccessi di calore, e anzi molto ben caratterizzato nell’acidità e nel frutto>>. Un vino assai longevo, aggiungo io, visto che la bottiglia inviatami da Luca è, a distanza di sedici anni, in condizioni ottimali. Bello il modo in cui riesce a mettere in fuorigioco i segni del tempo attraverso una tenacia sapida e una complessità minerale (dal gradevole coté idrocarburico) che non si dimenticano. E ha ancora energia per non mollare.

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