6 marzo 2012 | Francesco Falcone

Ronco di Mompiano, Pasolini

di Francesco Falcone
spiedo-bresciano

A Brescia c’è un vigneto che dal 1971 gode di una sua piccola ma storica notorietà e di una locale quanto solida dignità di cru: il Ronco di Mompiano, posto sul dolce Colle San Giuseppe, nel cuore della città.

Artefice e custode di quella rarefatta quanto preziosa enclave vitata e del vino che da essa trae origine fu Mario Pasolini, vignaiolo che ebbi il privilegio di conoscere nei miei anni di residenza bresciana (tra il 1998 e il 1999). Di lui mi colpirono il nobile attaccamento a quello specchio di vigna e l’incrollabile fiducia nel mestiere di contadino-artigiano, nonché una passione viscerale per il vitigno nebbiolo: lo imparò a conoscere ed apprezzare fin da studente – quando frequentava la Scuola Enologica di Alba – lo piantò a Mompiano alla fine degli anni ’70 e di tanto in tanto lo vinificava e imbottigliava per sé e per gli amici.

Da qualche mese Mario ci ha lasciato e così l’ultima bottiglia del suo Ronco di Mompiano, nella mia cantina da tempo, mi dà l’occasione di ricordarlo come merita: vendemmia 1997, blend di marzemino e merlot, e nel calice un rosso rustico ma ancora saporito, un po’ sfilacciato nei profumi ma lontano dall’ossidazione; claudicante nel portamento ma tutt’altro che seduto.

Giovanni Arcari, nel suo blog “TerraUomoCielo”, il 22 aprile 2011, lo salutava così: <<È scomparso Mario Pasolini, vignaiolo in terra bresciana, nel Parco di Mompiano, quella Mompiano (una zona collinare in città, a Brescia) che sempre riportava con orgoglio nelle sue etichette. Se n’è andato ieri in silenzio, senza disturbare nessuno come ha fatto per oltre ottant’anni. Amico di Gino Veronelli ha saputo cavalcare gli anni del grande cambiamento del vino senza mai scomporsi, senza mai scendere a compromessi. Ha saputo sussurrare la sua filosofia grazie alla franchezza dei suoi vini, capaci di evocare gusti ormai persi. Mario non lascia nessuno perché sua moglie è scomparsa poco tempo fa, e di figli non ne hanno mai avuti. Che fine farà la storia dell’azienda Pasolini, ora che il custode di Mompiano non c’è più? Arriverà il solito industriale sbruffone e comprerà tutto e ci farà una SPA? Le istituzioni dovrebbero muoversi per mettere in campo un progetto sociale intelligente e in grado di autofinanziarsi. Sono certo che sarebbe un ottimo modo per onorare Mario, la sua storia, il suo coraggio e per tutelare un territorio dall’inesorabile stupidità dell’uomo medio. Che la terra ti sia lieve, Mario.>>

Spero che Mompiano resista – non solo nella nostra memoria – e che il suo vino, compagno ideale dello “Spiedo”, continui a trovare spazio nelle migliori tavole del Bresciano.

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