23 gennaio 2012 | Francesco Falcone

Syrah “4.7.7” 2008, Alberto Longo

di Francesco Falcone
alberto longo

Buone bottiglie di Syrah italiano in giro ve ne sono, ma raramente svettano e perfino quelle più interessanti spesso soffrono la mancanza di personalità. Il colore è intenso al limite della saturazione, i profumi dolci e speziati, i tannini ben smussati ma, mettendo il naso nel bicchiere, si ha la sensazione di non capire, di non riuscire ad afferrare precisamente cosa si stia bevendo. Gradevoli, dunque, ma sovente anonime, l’esatto contrario di quanto accade nel Rodano Settentrionale, dove i vini, anche i meno dotati, dichiarano senza mezze misure le proprie origini non appena l’olfatto e le papille gustative gli si avvicinano. Perfino i Syrah – o Shiraz – australiani, lontani anni luce dalle caratteristiche dei Cornas, degli Hermitage e dei Côte Rotie, se modellati con sensibilità, esprimono una propria, inconfondibile fisionomia: l’alcolicità, il frutto molto maturo e quella struttura di generosa carnosità possono essere accattivanti, per quanto non così facili da portare a tavola. La domanda è questa: perché in Italia, dove nel tempo siamo riusciti a produrre numerosi Cabernet e Merlot ben caratterizzati, si fatica a bere un Syrah pienamente soddisfacente? Un tassello importante è forse il terreno: quasi tutte le migliori syrah del Rodano Settentrionale si alimentano su suoli molto particolari, di granito o di silice. E non mi risulta che vi siano syrah italiane coltivate su questi terreni (ma vado a memoria). Un altro fattore è il clima: il Rodano del nord gode di temperature miti, di una forte luminosità e di notevoli escursioni termiche giorno/notte. Elementi che giocano un ruolo nevralgico nella perfetta maturazione/evoluzione dell’uva e che probabilmente buona parte dei produttori italiani non ha tenuto in debita considerazione quando, soprattutto negli anni Novanta, la si piantava ovunque, dalla Toscana al Piemonte, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia. Altre ipotesi: materiale genetico non di grande qualità (il più delle volte vigoroso e iper produttivo), età media delle piante molto bassa (sebbene non manchino vigneti ormai nel pieno della maturità), scarsa conoscenza del vitigno in questione. In un panorama dunque avaro di proposte allettanti, merita a mio avviso le attenzioni degli amatori il Syrah “4.7.7” che Alberto Longo produce nella piatta campagna dauna di San Severo, a nord della Puglia, su suoli argilloso-calcarei. Il 2008 è un vino molto espressivo, in cui il varietale, davvero ben descritto, trova l’intensità, la dimensione e l’energia del rosso di temperamento. A metà strada tra il Rodano e il Mediterraneo. Una rarità.

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