19 marzo 2014 | Alessandro Masnaghetti

Taurasi 2010: appunti sparsi

di Alessandro Masnaghetti
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Dopo una 2009 che di certo non aveva entusiasmato la critica, con la vendemmia 2010 si torna ad un buon livello qualitativo per i Taurasi. È questo il risultato degli assaggi effettuati sabato scorso durante Campania Stories, la rassegna curata da Miriade & Partners, dedicata alle ultime annate dei rossi campani, che ha visto ad Avellino l’epilogo con la degustazione della docg irpina.
Non molti i campioni degustati (12 su 36 Taurasi; circa una 60ina i vini assaggiati), ma un numero sufficiente che permette di evidenziare alcuni elementi comuni segnati sul mio taccuino: vini austeri, oggi incentrati più sulle durezze che sulla materia; tannini compatti, più acidità che sale; molto spesso più floreali che fruttati. Sarà molto interessante riassaggiarli tra qualche mese e vedere l’evoluzione che avranno: se mostreranno maggiore disponibilità e fluidità o se rimarranno circospetti e finanche rigidi in alcuni casi.
Sul mio podio personale, senza un particolare ordine di preferenza al momento, il Taurasi di Pietracupa, il Nero Né de Il Cancelliere e il Poliphemo di Luigi Tecce.
Tornando al generale ci sono altri aspetti positivi da evidenziare. L’andamento climatico dell’annata forse avrà aiutato gli interpreti, ma c’è di sicuro che oltre i tre citati la gran parte dei vini mostrava una particolare aderenza territoriale e un carattere più evidente, Taurasi meno condizionati da un modello o una confezione. Per chi ha maggiore dimestichezza con l’aglianico e questa tipologia le differenze di un Taurasi dell’alta valle del Calore rispetto ad uno della bassa sono apparse molto più evidenti che in passato.
Altra nota positiva rispetto a questa annata è il rapporto dei vini con i legni d’affinamento, un limite spesso riscontrato in passato*: quest’anno i vini con inutili e stucchevoli sovraincisioni erano davvero pochi. Per trovare supporto alle impressioni di questi assaggi ho chiesto a Paolo De Cristofaro, che cura i contenuti della manifestazione, di ragguagliarmi sui dati climatici di questa annata. La prima reazione guardandoli è il ricordo di quella primavera che tardò ad arrivare, segnata dalle piogge che, come vuole il detto popolare, caddero dopo il 4 aprile quasi costantemente per i successivi 40 giorni. A parte una piccola finestra di sole e di caldo ad inizio maggio, il freddo e le piogge hanno proseguito fino al 16, 17 dello stesso mese. Il periodo estivo fu più o meno regolare, fino all’epoca della vendemmia. E qui lascio la parola proprio a Paolo De Cristofaro e alla sua analisi che chiude queste prime impressioni a caldo sulla 2010 taurasina.

Annata molto eterogenea: ci sono aziende che la considerano una delle loro migliori vendemmie e altre che non hanno proprio prodotto Taurasi.
Variabile decisiva: le piogge abbondanti concentrate nella parte centrale di ottobre.
In generale sono riuscite a portare in cantina uve all’altezza quelle aziende che hanno raccolto prima delle piogge, all’inizio di ottobre e dall’altra parte quelle che hanno potuto attendere la seconda metà di novembre senza problemi (dalla fine di ottobre il clima è stato ideale, solare e asciutto, con grandi escursioni termiche, chi aveva uve sane è riuscito a recuperare gradazione zuccherina senza spingere la maturazione, con acidità pimpanti).
La forbice è quindi piuttosto ampia, anche se un’impronta fresca e chiara possiamo associarla alle migliori interpretazioni di questo millesimo.

*A proposito di passato, come sempre molto interessanti le retrospettive proposte durante Campania Stories. Al di là delle considerazioni specifiche emerse nel dibattito tra stampa e produttori, mi soffermo su alcuni aspetti spero utili al lettore che avesse in cantina bottiglie del 2004 e del 1999. La prima considerazione è che le due annate su cui erano maturate molte aspettative, nel complesso, lasciano più dubbi che certezze. E non è la prima volta. Nel dubbio, con poche e rare eccezioni (Taurasi 2004 Terzo Tratto i Favati, uno o due anni in cantina gli faranno bene) credo che il momento per stappare una parte di esse sia arrivato. Non perché abbiano cenni di evoluzione, tutt’altro, ma perché credo che in molti casi non ci sarà un vero e proprio miglioramento. Sembrano per certi versi “congelati”.
Non mancano i buoni e gli ottimi vini, e se ne avete qualcuna tra quelle indicate di seguito, stappatene: se vi capita la bottiglia giusta vi dovreste divertire non poco.
In ordine di preferenza: Taurasi 1999, F.lli Urciuolo; Taurasi 2004, Guastaferro; Taurasi 1999, Perillo; Taurasi 1999 Pietracupa.

Una risposta a “Taurasi 2010: appunti sparsi”

  1. Alberto G. scrive:

    Sai che son proprio quelli che
    mi sono piaciuti di piu’(Tecce non me lohan fatto bere,la prima volta che ero li al banco mi han detto che era difettata, dopo mi han detto ginito, poi e’saltata fuori da non so dove. un’altra bott. e sotto il banco, finita in un amen mentre ero a parlare con un produttore. pero’ mi hanno detto difettata anch’essa). io non ci posso credere tre su tre, sara’ che noden conoscono bene i vini wdi Tecce o del Cancelliere? Poi bel risultato per la 2009 anche delle Contrade di Taurasi,Amarano(da seguire pmi e’ parso troppo bevibilure la 2010) e Boccella seppur a volte la bevibilita’ che ha mi ha sorpreso,anche se al momento non mi ricordo abbia particolare complessita’Mi viene da fare una considerZione, non penso xi essere l’unico, tutti i vini provenuenti da chi e’ conosciuto per edsere un artigiano del vino tra auelli da me assaggiati, hanno una piu’ immediata bevibilita’ e seppur a volte materici come es.Tecce e Pietracupa, anche se a volte il fatto che abbiano volatili alte spiazza troppi degustatori,e gli stessi sommelier si banchi.Non vengono valorizzati in pieno, specie ai banchi quando si fedica poco tempo ai singoli vini.

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