28 maggio 2012 | Alessandro Masnaghetti

Beaujolais Morgon Nature 2009, Marcel Lapierre

di Alessandro Masnaghetti
marcellapierre

Il Beaujolais si riconosce facilmente: è una terra dolcemente accidentata, dove le colline verdeggianti si alternano a valli percorse da ruscelli. Pressoché a ogni curva, c’è un panorama di vigne e pendii in mezzo al quale giace un piccolo villaggio, quasi “confezionato” da un incarto verde e stretto attorno al campanile di una chiesa. Questo succedersi di luoghi incantevoli non manca di stupire, di dare il capogiro, una sensazione di euforia e di gioia e di disincanto che si percepisce anche nel bicchiere: sono sicuro che pochi altri vini al mondo evocano la loro terra così fedelmente come il Beaujolais.

Se non disponete di una carta fortemente dettagliata della regione, non sarà difficile smarrirvi. In ogni caso, se una volta da quelle parti sarete presi dal dubbio, troverete certamente persone cortesi che vi indicheranno la direzione giusta e, tanto per gradire, vi offriranno volentieri un calice di vino. Conservo infatti ricordi piacevoli dell’abitante del Beaujolais: viso tondo e guance rosee, sembra essere stato creato apposta per fare il suo vino, a meno che non abbia fatto il vino a sua immagine, dando una forma quasi religiosa al concetto di terroir.

In ogni caso, qui dimenticherete ben presto le grandi arie con le quali i più prestigiosi vicini della Côte d’Or odorano e sorseggiano il vino, gli ambienti sacri e i silenzi pieni di “suspance”: qui c’e aria di festa perenna e di “scazzo” organizzato. Hai voglia a dire che non è vero, hai voglia a dire che tutti i vini meritano attenzione, ma alla fine il luogo comune qui esplicita una verità indissolubile, ovvero che i vini del Beaujolais sono fatti per essere tracannati. Poco da dire.

Tuttavia non manca qualche eccezione. E nell’immaginario dell’appassionato, tra tutte le denominazioni della regione, Morgon è senz’altro l’eccezione più evidente: la zona ha infatti la fama di produrre i vini meno “gioiosi” e più “seri” del comprensorio.

Meno disinvolti e beverini del solito (per quanto tutt’altro che privi della tipica, brillante loquacità varietale dell’uva gamay), e dotati di una superiore longevità, legata soprattutto a una maggiore concentrazione dei mosti, figli di un terroir mediamente più povero della media, dove il vitigno si fa naturalmente meno vigoroso.

Per conoscere più da vicino questa importante denominazione vi consiglio di acquistare “La prima antologia” di Le Rouge&leBlanc tradotta ed edita in Italia da Samuel Cogliati (Possibilia Editore www.possibiliaeditore.eu): ci troverete tutto quello che c’è sapere sul territorio e sui produttori più interessanti.

Io ho assaggiato il Morgon Nature 2009 del compianto Marcel Lapierre (scomparso prematuramente nell’ottobre del 2010; vedi foto), fuoriclasse della zona e maestro per molti giovani vignaioli di ultima generazione: gran frutto rosso e carnoso, boisé ben calibrato, e gusto sciolto, finto-facile, gustosissimo, che mi fa pensare alla cucina tipica di quelle zone: terrine de lapereau, coq au vin, pied de porc à la Sainte-Menehould. Vorrei essere lì, ora, ma non posso.

Lascia un Commento