31 maggio 2012 | Francesco Falcone

Da Leo Macìas ad Alessandro Ceretto. Forse stanno maturando

di Francesco Falcone
Il fiore del mio segreto

Qualche giorno fa, intorno alla una di notte, preso da un’insonnia bastarda, mi sono rivisto il “Fiore del mio segreto” di Predro Almodóvar, un film che si colloca cronologicamente in un punto intermedio tra le sue prime pellicole (esagitate, anfetaminiche, emozionali, confuse), e le opere cinematograficamente più raffinate dell’ultimo decennio. In questo lungometraggio, una scrittice di buon successo commerciale, Leo Macìas, è combattuta, come accade spesso ai personaggi del cineasta spagnolo, tra le faticose esigenze emotive imposte da una vita complicata e le altrettanto faticose aspettative imposte da quella che si potrebbe definire arte. Leo è autrice di una serie molto popolare di romanzi rosa, ma la sua vita negli ultimi tempi tempi è stata così tormentata che, come spiega alla sua incredula e incazzata editor, tutto quello che scrive viene fuori di colore nero, altro che rosa!

Con questa battuta, Leo tenta di spiegare il nuovo manoscritto che ha appena consegnato ad Alicia, la sua editor, la quale non ha reagito affatto bene. Secondo Alicia il nuovo lavoro, pieno di violenza, di sangue, di omicidi, di incesti, di droga, di storie omosessuali, insomma di vita vera (non finta, non edulcorata, senza il solito e scontato e inverosimile lieto fine), non solo è inadatto al tema della collana, ma è decisamente lontano dai gusti del suo pubblico. Quando Alice le chiede mestamente perché la sua scrittura sia cambiata, Leo si stringe nelle spalle e risponde: <<forse sto maturando>>.

In quel momento, non so perché, sarà stata l’insonnia e l’emicrania, per una casuale associazione di idee, mi è tornata in mente una lunga e recentissima chiacchierata con Alessandro Ceretto. Anche per Alessandro, come per Leo, la strada poteva essere in discesa, poteva accontersi di consolidare il mercato dell’azienda di famiglia attraverso una proposta affidabile, poteva insomma continuare ad assecondare le esigenze della “collana” (e del pubblico, ancora innamorato dell’onnipresente Blangé), e invece anche lui, come la Leo di Almodóvar, ha capito che se vuoi che il tuo mestiere esprima prima di tutto te stesso, le tue idee, allora bisogna spendersi, crederci, cambiare, rischiare.

Anche Alessandro, come Leo, forse sta maturando. E come lui tanti altri produttori di ultima generazione. La speranza è che si tratti di vero cambiamento, di una sentita presa di coscienza, di reale consapevolezza, e non di semplice curiosità dettata dall’emozione del momento e dal fascino delle parole.

Dimenticavo. Il film è molto bello e riuscito, e i nuovi Barolo e Barbaresco di Alessandro, per quello che ho potuto assaggiare finora, mi sembrano vini più espressivi, più caratterizzati rispetto al recente passato. Forse stanno maturando.

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