27 marzo 2014 | Francesco Falcone

Enogea 53: speciale Fiano di Avellino

di Francesco Falcone
Fiano DOP tagliata

Sul numero 53 di Enogea è pubblicato uno speciale dedicato al Fiano di Avellino, curato da Paolo De Cristofaro. Si tratta di una lunga ricognizione, articolata in una serie di blocchi tematici e completata con il racconto di 39 etichette prodotte da 31 aziende della provincia di Avellino, selezionate da un primo gruppo di 87 vini e 74 cantine.

La prima parte si concentra sui numer// i del distretto irpino, con un piccolo focus storico, economico, geografico, climatico speriamo utile per inquadrare i caratteri peculiari di una zona mediterranea solo per latitudine, profondamente diversa dagli stereotipi della Campania da cartolina.

La seconda parte è invece dedicata al vitigno, alle sue radici territoriali, i suoi percorsi di recupero e valorizzazione, le specifiche agronomiche e produttive. Tenendo anche conto del fatto che già da tempo il fiano non è più affare soltanto irpino, con quasi cinquecento ettari coltivati in altre zone d’Italia (a fronte dei circa 600 censiti in provincia di Avellino), senza dimenticare quelli che non sono ormai più semplici esperimenti in Australia e California.

Nella terza parte si entra nello specifico dell’areale del Fiano di Avellino, con una serie di informazioni riguardanti la distribuzione delle vigne, le caratteristiche dei terreni, altitudini ed esposizioni, affiancate da box relativi ai profili organolettici, le annate, le finestre di consumo consigliate, i prezzi.

La più estesa per superficie (ma non per produzione) delle tre Docg irpine, si sviluppa su 26 comuni dislocati tra la Valle del Calore e del Sabato, le falde del monte Partenio e le colline che guardano il Vallo di Lauro, verso le province di Napoli e Salerno. Una zona estremamente eterogenea, dunque, che sempre di più incoraggia ipotesi di mappature, dichiaratamente empiriche ma necessarie per almeno provare a rendere ragione dei tanti caratteri espressivi che il fiano può incarnare sui vari versanti. Il viaggio nella denominazione è quindi suddiviso in cinque capitoli, ciascuno dedicato ad una delle macro-aree territoriali individuate e proposte. Proprio in quest’ottica i vini selezionati sono stati inseriti qui, all’interno delle diverse zone, divisi non per azienda o valutazione ma in rapporto alla collocazione delle vigne da cui si originano. Un’operazione favorita da almeno due ordine di motivi: da una parte c’è una piattaforma enologica tutto sommato uniforme, con la stragrande maggioranza dei vini frutto di lavorazioni classiche e soste sur lie in acciaio, dall’altra bisogna considerare che oggi quasi tutti i Fiano di riferimento// sono effettivamente riconducibili a specifiche sottoaeree. Sono relativamente pochi, seppur importanti per volumi commerciali, le bottiglie frutto di “blend”, da vigne ubicate su più versanti eterogenei.

Le etichette segnalate non riportano un’annata specifica ma si tenta di descriverli nei loro tratti espressivi ricorrenti, associati ad una valutazione sintetica da una a tre stelle (con un’indicazione diversa per gli “emergenti”). Una valutazione attribuita in base alla storia, il livello medio, l’identità stilistica, le migliori riuscite registrate nelle ultime vendemmie sui Fiano in questione. Non una classifica in senso stretto, dunque, ma un orientamento di massima per chiarire la prospettiva critica, naturalmente opinabile, che ha guidato la scelta dei vini e il loro racconto all’interno della mappatura territoriale.

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