21 febbraio 2012 | Francesco Falcone

Lambrusco di Sorbara Radice 2010, Paltrinieri

di Francesco Falcone
paltrinieri radice

Come una brusca curva a gomito che cambia faccia al paesaggio nel breve giro di un’accelerata, Sorbara divide una storia dall’altra, una tradizione dall’altra, una pianura dall’altra, un Lambrusco dall’altro. Fra tutti i territori del Modenese dove si coltiva (in tutte le sue varianti) l’antico e vigoroso vitigno emiliano, questo minuscolo villaggio di campagna è di gran lunga il più rinomato per storia e potenzialità produttive. Quasi una leggenda nella cultura materiale della regione.

Anche a Castelvetro, dove dimora prevalentemente il biotipo grasparossa, si possono ottenere frizzanti favolosi per generosità di frutto, colore e pienezza di sapori, ma Sorbara è un’altra cosa. Con quei profumi di fragoline di bosco, di fiori e di note minerali (molto riconoscibili) e quel gusto asciutto, vivace e saporitissimo merita di essere considerato il “Borgogna” dei vini frizzanti: i migliori si muovono al palato quasi senza corpo, quasi senza peso, ma con un vigore sapido e una lunghezza formidabili, che trascendono la tipologia.

Sebbene la denominazione d’origine Lambrusco di Sorbara sia stata progressivamente estesa a una decina di comuni a nord di Modena, la zona “classica” è incuneata tra i fiumi Secchia e Panaro e interessa i paesi di Bastiglia e di Bomporto (in cui è appunto insediata la frazione di Sorbara). La particolarità di questo settore non è dovuta all’origine dei suoli (ovunque alluvionali, almeno in pianura) ma alla loro tessitura, decisamente più sciolta e sabbiosa della media. Sono dunque terreni non pesanti né umidi, molto permeabili: man mano che ci si allontana dal cuore di quel “cru” la struttura si fa invece più fine e tenace (per la maggiore presenza di argilla) e per stretta conseguenza si ottengono basi di minor distinzione.

Il disciplinare di produzione, che impone un limite di 150 quintali alla raccolta, prevede l’utilizzo del vitigno omonimo (lambrusco di sorbara) a cui è possibile affiancare una percentuale mai superiore al 40% di lambrusco salamino, che funge da “spalla” in vinificazione (è in genere più colorato e robusto nell’impianto tannico) e da impollinatore in campagna (dove il sorbara è sterile).

Alberto Paltrinieri, “frizzantista” tra i più ispirati in circolazione (nell’Italia tutta), la scorsa estate mi ha gentilmente inviato una bottiglia del suo Radice 2010, che stappo oggi per la prima volta.

Prodotto con sorbara in purezza coltivato nella vigna del Cristo (vedi foto) ed elaborato con l’ancestrale rifermetazione in bottiglia (senza sboccatura e senza aggiunta di liqueur d’expedition), è un rosso pallido, profumatissimo, sottile, appena screpolato dall’anidride carbonica. In cui splende, cristallino, il sottile equilibrio della luce.

Lascia un Commento