22 marzo 2012 | Alessandro Masnaghetti

Il godimento del bevitore

di Alessandro Masnaghetti
godimento

Molto spesso si pensa erroneamente che il massimo godimento corrisponda alla bevuta di quello che chiamiamo grande vino e che tradotto significa un grande Bordeaux, un grande Borgogna o un grande Barolo e via così. Molto più semplicemente, almeno per il sottoscritto, il grande godimento risponde alla precisa soddisfazione di un bisogno, di una voglia che ho in quel preciso istante e che mi spinge a cercare in cantina. Fatti salvi i concetti di armonia ed equilibrio di un vino talvolta ho talmente sete che ho voglia di una bollicina o di un bianco di corpo esile ma di struttura evidente come un Gavi o un Blanc De Morgex, altre volte di un rosso semplice e non impegnativo, ma non stupido, teso ma succoso come può essere un buon sangiovese come il Pian del Ciampolo di Montevertine. Molto spesso dipende da ciò che mangio o da ciò che sto facendo in alternativa, così come posso aver voglia di un rosso mediterraneo, accogliente e caloroso del nostro sud o un vino da fine pasto ossidato che mi tenga compagnia.
Se scendo in cantina non sempre ciò che cerco è un Barolo di vecchia annata e se mi spunta tra la mani e decido di berlo, di certo non ci rimango male, ma non necessariamente mi provoca quel godimento totale che appaga la voglia di quel momento.
Insomma, non bisogna mai dimenticare quando ci si avvicina al vino, al di là di tutto, del ludico piacere. Piacere che spesso è determinato più da chi il vino lo beve, dalle sue voglie, desideri e aspettative, che dal vino in sé.

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