3 marzo 2012 | Francesco Falcone

Vallerana Alta 2008, Antonio Camillo

di Francesco Falcone
valleranaalta

Capalbio se ne sta alta sulla costa meridionale della Toscana, affacciata sull’Argentario e sovente battuta dal libeccio. È un meraviglioso paesino di vecchia pietra, inaccessibile alle macchine, da sempre rifugio di gente impegnata, di venerati maestri, di grandi intellettuali: per dirla con Enzo Biagi <<di pallidi bipedi lacerati da atroci dubbi metafisici>>. Qui però non parlerò delle vacanze di Alberto Asor Rosa e di Achille Occhetto, Giacomo Marramao e di Beniamino Placido, bensì di un produttore che proprio su quei poggi panoramici cura la sua vigna più importante: Antonio Camillo. Essolui, braccio destro di Giampaolo Paglia in Poggia Argentiera, possiede un appezzamento di vecchie piante di ciliegiolo potate a guyot e piantate su suoli di argille rosse ferrettizzate, ricchissime di scheletro: da quel pezzo di terra posto intorno ai 450 metri produce a partire dalla vendemmia 2008 un rosso pienamente convincente: il Vallerana Alta. Un Ciliegiolo attraverso il
quale non solo rilancia la posta qualitativa di un vitigno “minore”, ma va addiruttura oltre, collocandosi ai piani alti dell’enologia maremmana.
Ristappato oggi a distanza di otto mesi, si offre al naso con un riuscito e naturale intreccio di frutti, fiori e spezie e in bocca fonde calore e sottigliezze, tannini fini e beva disinvolta. Chissà se in mezzo a pile di Rinascita, Critica Marxista e Problemi della Transizione saprà convincere anche Rosa e compagni. Già, chissà.

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