4 marzo 2014 | Alessandro Masnaghetti

Barolo 1986, Bartolo Mascarello

di Alessandro Masnaghetti
bartolo1986 bis

Non sarà particolarmente originale, ma la storia del terzo incomodo, dell’outsider che sbaraglia i favoriti della vigilia, nel mondo del vino casca spesso a fagiolo. Con effetti il più delle volte piacevoli, soprattutto quando a godere non è tanto il terzo incomodo tra i due litiganti, ma noi che ci ritroviamo nel bicchiere una meraviglia solo in parte pronosticabile.

Accade per esempio che una quindicina di assetati discutano per quasi tre mesi su come e dove stabilire senza tema di smentite chi “vinca” la sfida targata 1990 tra un Barolo Monfortino Riserva in formato Magnum e una tre litri di Pergole Torte Riserva. Il tutto sotto la scrupolosa regia di un esigente appassionato modenese, conosciuto negli ambienti con lo pseudonimo di Henri Jayer ma soprattutto come fondatore e leader indiscusso del club “I Mangiamorte del Vino”*.

E succede che quel giorno arrivi e che il parterre accorso da ogni dove per rendere omaggio ai due fuoriclasse, si trovi ad alzarsi idealmente in piedi per l’intermezzo a sorpresa più che per il programma principale. In questi casi è sempre difficile capire dove finiscano gli eventuali “demeriti” dei supercampioni e dove comincino le doti magari precedentemente sottovalutate dell’outsider. Fatto sta che il Monfortino si dimostra una delle migliori riuscite dell’annata in Langa, brillando per eleganza e definizione aromatica, ma scontando qualcosa rispetto ad altre sue versioni in termini di sfumature e prepotenza gustativa. Esattamente l’inverso di quel che avviene col Pergolone, col suo sorso saturante di sapore all’altezza delle elevate aspettative, ma non così puro e brillante nel quadro olfattivo. Senza quella tridimensionalità chiara e linfatica che avevamo ricordato mentre lo eleggevamo “re dell’annata” nella rubrica Vintage di Enogea 51, dedicata proprio alla vendemmia 1990.

Pergole+Monfo '90

Non il miglior Monfortino di sempre né la migliore bottiglia possibile del Pergole Torte Riserva, dunque, ma anche in perfetta forma le due guest star designate avrebbero faticato davanti allo splendore, alla tessitura, alla luminosa classicità del Barolo 1986 firmato da Bartolo Mascarello, anche questo in formato Magnum. Lo so, non sto parlando proprio di uno sconosciuto al primo ballo: proprio per questo cincischiavo un po’, la faccenda del terzo incomodo avrebbe funzionato un po’ meno se vi avessi svelato subito che di mezzo c’era un pezzo di storia del vino, non solo di Langa.

Un nebbiolo semplicemente fantastico, giocato sulla freschezza nel senso più bello del termine: rosa appena sfiorita, lampone, ciliegia di maggio, ginseng, pepe rosa, menta, la sinfonia aromatica non perde ritmo né nitidezza in una bocca più che sapida, affilata, ricca di contrasti eppure accogliente, carnale, goduriosa, amplificata nella perfetta dotazione tannica. Tra l’altro uno dei pochi Barolo oggi reperibili di un millesimo a dir poco controverso in Langa, dall’andamento capriccioso e segnato da una serie di grandinate che hanno letteralmente distrutto alcuni cru tra i cru più prestigiosi. Non tutti i Barolo “importanti” sono stati prodotti nel 1986 e altri sono usciti in tirature molto limitate rispetto al consueto, ma come avrebbe detto Vujadin Boskow: “quando Barolo ’86 è buono, vino è buono veramente”. Questo lo era, e anche parecchio, se non si fosse capito.

Chiedendo aiuto all’esperienza e alla memoria del Masna per ricordare gli altri ’86 di Langa che potrebbero mettere in crisi i Messi-Ronaldo della situazione, da voi mi piacerebbe tanto sapere quali sono i vini che nella vostra carriera di bevitori hanno saputo sparigliare le carte davanti a coppie di mostri sacri. Sarebbe bello ascoltare i vostri racconti, ricordare insieme quella volta in cui non trionfò né Prost né Senna, né il Barcellona né il Real Madrid, né Kobe Bryant né Lebron James. Prosit!

*Il club dei Mangiamorte del Vino si ispira nel nome ai maghi malvagi seguaci di Lord Voldemort nella celebre saga di Harry Potter. Soltanto pochi illuminati ne possono far parte: per il loro credo è praticamente impossibile stappare un “vero vino assoluto” (quelli da 95/100 in su, tanto per capirci coi vecchi numeri – ndr) senza spendere un bel po’ di quattrini e senza uscire da pochi e ben determinati territori, vitigni, manici. La loro missione è smascherare narratori e appassionati che vogliono illudere ingenui uditori con la speranza di poter trovare il vino fuoriclasse da dieci euro, magari fuori dalla Borgogna o dalle Langhe, da Bordeaux o dal Rodano. Ma non pensate che non siano disposti a cambiare idea: hanno sempre pronto un La Tache o un Monfortino, un Latour o un Montrachet per verificare empiricamente se il Rossese o l’Aglianico di cui dite meraviglie può davvero sedersi allo stesso tavolo dei loro totem. Peccato solo che se il giochino non riesce (e in effetti non riesce quasi mai), la spesa delle bottiglie si divide tra tutti, Mangiamorte e non…

2 risposte a “Barolo 1986, Bartolo Mascarello”

  1. Roberto Damonte scrive:

    Ho diverse bottiglie di Barolo 1986 acquistate da Bartolo in onore di mio figlio Giacomo nato in quell’anno.Credi che sia ora di assaggiarlo o di aspettare che arrivi ai 30 anni? La cantina Mascarello faceva parte del nostro gruppo di giovani produttori il mitico gruppo “piccoli produttori grandi vini del Piemonte “lui era il nostro maestro non tanto per la tecnica enologica quanto per la filosofia enologica.

  2. Paolo De Cristofaro scrive:

    Ciao Roberto, credo sia un momento perfetto per aprirla: la nostra era in uno stato di grazia espressiva incredibile ed era tra l’altro una magnum. In bottiglia da 0,75 immagino che sia ancora più “pronto” e se la scorta è di quelle giuste, una la aprirei senza pensarci. Dopo di che non credo che se si attende il 2016, si trova un vino irrimediabilmente scollinato.. :-)

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