15 gennaio 2014 | Alessandro Masnaghetti

Saumur-Champigny Le Bourg 2009, Clos Rougeard

di Alessandro Masnaghetti
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Siamo onesti: nove volte su dieci i sequel sono deludenti. Vale per i film e i libri, i dischi e le serie tv, ma anche, traslando il concetto, per viaggi ed esperienze di vita. La “prima volta” di un incontro o un approdo, dentro una musica o una storia, è spesso difficile da eguagliare e superare per la forza con cui va ad occupare vibrazioni e ricordi. E il vino non fa eccezione da questo punto di vista: non capita sempre di poter replicare o addirittura amplificare le gioie vissute grazie ad una grande bottiglia, una visita inaspettata, una cena indimenticabile.

Beranrd Foucalt, alias Nady

Bernard Foucault, alias Nady

Ma qualche volta capita. Ed è stato così per la mia seconda fuga a Chacé, minuscolo paesino della Loira occidentale, probabilmente sconosciuto ai più se non ospitasse a due passi dalla piazzetta la cantina dei fratelli Jean-Louis (alias Charly) e Bernard (alias Nady) Foucault. In una parola Clos Rougeard, vero e proprio totem per gli appassionati a caccia di emozioni forti, obbligati ad includere i loro cabernet franc e chenin blanc di Saumur-Champigny nella lista dei grandi vini del mondo. Poche migliaia di bottiglie preassegnate con piccole allocazioni, senza alcuna possibilità di accontentare nuovi clienti: difficile reperirli a prezzi non speculativi, ancora di più riuscire a spuntare un appuntamento in azienda. Per mancanza di tempo più che di volontà: gli ettari di proprietà sono appena dieci ma il lavoro di vigna e cantina è tutto sulle spalle di Charly e Nady, che oltretutto non hanno un buon rapporto con i moderni mezzi di comunicazione (l’unico vero modo per contattarli è il fax, tanto per capirci).

La prima meravigliosa visita era stata quasi interamente dedicata all’approfondimento sui tre rossi di casa, in questa occasione il “movente” era rappresentato da una verticale a dir poco profonda dell’unico bianco prodotto da Clos Rougeard, il Saumur Brézé, il cui racconto leggerete nei prossimi mesi sul bimestrale di Enogea. Solo il tempo necessario per metabolizzare un’esperienza semplicemente frastornante, non solo da un punto di vista organolettico. I vini dei fratelli Foucault sono straordinari nella loro forza, originalità espressiva e tenuta nel tempo, ma è sul piano umano che una giornata a Chacé ti costringe a rivedere tutto sotto una nuova luce. Non è per niente facile restituire senza diventare agiografici l’empatia, la cultura, il carisma, la chiarezza, lo spessore ma soprattutto il rispetto con cui Nady incarna lo spirito dei suoi stessi vini. Quel rispetto che è solo dei grandi, con la G maiuscola, che non hanno bisogno di ricordartelo ogni cinque minuti, disposti continuamente al confronto, con una serenità di pensiero mai fraintendibile con l’appiattimento o il volemose bene. Ci vorrebbe un approfondimento ad hoc solo per abbozzare il profilo degli “uomini” Foucault, ma mi piace pensare che tutto possa condensarsi in un singolo scatto.

andouilette 5 A

Andouillette 5 A

La “colazione” con cui chiudiamo l’incredibile viaggio nel Brézé lungo quasi un secolo: a tavola arriva l’andouillette 5 A* e a farle compagnia, quasi con passo da gregario, il Le Bourg 2009, quella che è probabilmente l’etichetta più conosciuta di Clos Rougeard. Non fa in tempo ad essere versato che la bottiglia è prosciugata, come vino di sete, bicchiere defaticante, quartino della casa. Giureresti di non averlo bevuto, se non ti restasse nei timpani l’eco di un cabernet franc quanto più lontano possibile dall’identikit stereotipato letto sui libri. Senza la minima traccia vegetale ed erbacea, perfino la più nobile, con la chiarezza espressiva di un fuoriclasse, la ruota del pavone aromatica di un Musigny, la tessitura di un premier cru di riva sinistra bordolese, la goduria carnale e densa di sapore dei migliori Chateauneuf. Gli sto facendo torto, ne sono consapevole, perché giocare sulle similitudini con altri terroir è come cercare un paragone per Micheal Jordan. Le Bourg è solo Le Bourg, ma questo 2009 da poco commercializzato davvero sembra disegnare un’inedita rosa dei venti, nella quale il tuffeau calcareo di Saumur-Champigny prende il centro della scena pescando suggestioni e caratteri da ogni punto cardinale.

Saumur Champigny, Le Bourg 2009, Clos Rougeard

Saumur-Champigny Le Bourg 2009, Clos Rougeard

Un vino che per Nady, e non solo per lui, potrà crescere e arricchirsi ulteriormente nell’arco di almeno un cinquantennio, ma che può essere messo a tavola, magari con un mugliatiello ** anche oggi, senza alcun rimorso. Perché i grandi vini, quelli con la G maiuscola, sono buoni sempre: prima, durante e dopo di noi.

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* La sigla 5 A si riferisce all’Association Amicale des Amateurs d’Andouillette Authentique (associazione di amatori dell’andouillette autentica), che ha tra i suoi obiettivi quello di difendere la tradizione storica della tipica salsiccia di interiora francese. Esistono molti modi diversi in tutta la Francia di preparare, condire e cucinare le ’andouillette. La più famosa è quella di Troyes, prodotta unicamente a base di interiora di maiale, tagliate a striscioline, cotte in un brodo aromatizzato ed utilizzate con cipolle, pepe, sale e spezie per farcire le budella.
** I mugliatielli sono una ricetta tipica per diverse zone interne del meridione, specialmente in Campania, Basilicata, Puglia, Calabria. Anche qui sono numerose le varianti dialettali e le modalità di preparazione, dalle mie parti in Irpinia di solito sono fatte con intestini di agnello chiusi in budello con altri intestini ed interiora (soprattutto polmone, cuore, fegato e zeppa) e un ricco condimento, dove c’è spazio anche per uova e formaggio oppure uva passa e pinoli. Si cucinano perlopiù al sugo, alla brace o al forno con le patate.

Una risposta a “Saumur-Champigny Le Bourg 2009, Clos Rougeard”

  1. Sergio scrive:

    Grandissimo Paolo, lunga vita a Nady!

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