23 marzo 2012 | Francesco Falcone

Elogio dell’appassionato di vino

di Francesco Falcone
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Che cosa sia un appassionato di vino, non è semplice a dirsi: le definizioni, com’è ovvio, sono varie quanto lo è l’umanità di bevitori e no. Non solo: accanto ai giudizi ci sono poi i pregiudizi, d’ogni genere e d’ogni tempo, compreso il nostro.

Ci sono popoli, oggi come ieri, che nutrono nei confronti del liquido odoroso una vera e propria venerazione: penso agli inglesi, ai francesi, agli svizzeri, ai belgi, agli olandesi, e più di recente ai giapponesi. La loro competenza è da tutti riconosciuta.

E c’è ancora, all’opposto, l’oscuro, ben noto pregiudizio – anche italiano – per cui stappare è un lusso e l’occuparsene un trastullarsi, un passatempo da giorni festivi: in altre parole un ornamento, cioè un superfluo vezzo della vita e financo una manifestazione di tendenze estetizzanti.

Ma tutte le definizioni, interpretazioni e celebrazioni, e tutti i tentativi di inquadrare correttamente l’appassionato di vino nella globalità dell’umano e del sociale confluiscono in un punto di indiscutibile importanza: l’uomo e il vino sono fatti l’uno per l’altro. Il vino è per il bevitore sensibile una necessità, un bisogno fondamentale e innato.

L’umanità è nata con il vino. O comunque è questo che mi piace pensare. Quasi tutto ciò che le è toccato, a partire dalle sue lontane origini, si ricollega a un miracolo, a un calice, a una bevuta, a un’eccitante ubricatura.

Il vino è per l’uomo un moto dell’anima, una carezza e uno schiaffo, ed è per questo che non ama i collezionisti, gli speculatori, i mercanti, i parvenu eccentrici: il vino reclama il bevitore consapevole e pacato, così come la vigna reclama il vignaiolo coscienzioso e impegnato.

L’uomo che coltiva questa passione è come il giardiniere che coltiva i fiori. E i fiori, si sa, puoi procurarteli in molti modi: c’è chi stacca delicamente, dalle piante spontanee, alcune parti per ripiantarle nel proprio giardino e chi invece ne raccoglie i semi. C’è il bevitore che rischia e quello che va sul sicuro, chi ama seguire l’evoluzione della propria bottiglia come si fa con un figlio e chi invece preferisce goderne immediatamente: il percorso è diverso e dunque anche il piacere.

L’appassionato di vino, anche il più sedentario, è un viaggiatore e un sognatore. Non è vero infatti che per evadere si debba spostarsi fisicamente, guidare, correre, volare, cavalcare: lo ha scritto con grande ispirazione Paolo De Cristoforo nel suo splendido post dedicato alla Milano-Sanremo. L’avventura del viaggio e il desidero di cambiare aria si possono soddisfare davanti al tavolo di un’osteria o nel salotto di casa. Il vino non consente che vengano limitati i suoi diritti sull’animo umano. Esso ne prende liberamente possesso e consente così che venga soddisfatta liberamente la sua fantasia creatrice.

Il vino va considerato, al pari di tutto ciò che veramente concerne l’uomo, come un’espressione dell’unità indissociabile dello spirito umano: la bottiglia, una bottiglia di qualità, come il palcoscenico e il museo, come la biblioteca e l’orchestra, è un sacro contenitore della nostra più alta dignità: e comunica con tutti gli altri così come essi vicendevolmente comunicano fra loro da ogni parte.

Sembra esistere oggi una generale tendenza a ridurre il vino e la sua cultura a merce a buon mercato. Sarebbe inutile ricordare quali sono gli evidenti grandi meriti di tutti quegli sforzi che tendono ad allargare sempre di più la base della conoscenza. Ma allargare è una cosa, appiattire è un’altra. Quando l’allargamento porta a spianare, senza volerlo, il vertice della piramide, allora incomincia il livellamento verso il basso che, si sa, parte sempre con profitto ma alla fine si rivela un cattivo affare.

La tendenza, in altre parole, a trattare il vino con approssimazione, a parlarne con frasi a effetto e con termini improbabili, a banalizzarne il significato, da un lato rende l’argomento più comunicativo e accessibile, dall’altro lo appiattisce e lo volgarizza.

Una bottiglia di buon vino per un vero appassionato rimane ancora oggi un piacere intimo e raffinato.

La foto è di Wolf Soldati (viaggio relativo alla pubblicazione del libro “Vino al Vino” di Mario Soldati).

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