5 gennaio 2012 | Francesco Falcone

Kurni 2001, Oasi degli Angeli

di Francesco Falcone
kurni

Curnì è il soprannome che la famiglia di Eleonora Rossi, la compagna di Marco Casolanetti, si tramanda da generazioni. Siamo a Cupra Marittima, sul litorale piceno, dove dal 1997 si produce uno dei rossi più estremi d’Italia, il Kurni, appunto, da uve montepulciano. Nasce da cinque ettari di piante molto vecchie (tra i 40 e i 90 anni) e da altrettanti messi a dimora negli ultimi dieci anni, allevati ad alberello (con fittezze d’impianto che superano i 10.000 ceppi per ettaro) coltivati su terreni calcarei piuttosto sciolti (sabbie e sassi) e condotti secondo un protocollo naturale, che mette al bando la chimica (così come rame e zolfo), puntando su silicati a base di alghe, lecitina di soia e propoli. Le rese alla raccolta sono irrisorie (meno di venti quintali ettaro), la vendemmia è tardiva e parcellare, le fermentazioni svolte sia in acciaio, sia in barrique (aperte in posizione verticale) e poi le maturazioni esclusivamente in rovere, con un travaso dopo il primo anno da una barrique nuova all’altra (secondo l’ormai noto parametro del 200% di legno nuovo) dove sosta fino all’assemblaggio finale che precede l’imbottigliamento. Come molti di voi ben sapranno non è un vino di facile approccio in gioventù, sovente sbilanciato su sensazioni zuccherine e alcoliche, ma nelle annate migliori ha notevoli margini di evoluzione in bottiglia. Il 2001 riassaggiato oggi a distanza di tre anni è in una fase molto bella: il frutto (carnoso, di marasca) è sfumato da sobrie tonalità terziarie (vegetale nobile, sottobosco, cacao), i tannini si muovono fitti e disciplinati e lo sviluppo si è fatto accogliente, di ammiccante vitalità. Il Kurni più completo e appagante bevuto finora.

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