26 gennaio 2012 | Francesco Falcone

Libri: Connaissance et travail du vin

di Francesco Falcone
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Tra i tanti titoli di enologia presenti sul mercato editoriale, l’ammirevole e longevo “Connaissance et travail du vin” di Émile Peynaud merita senz’altro un posto di rilievo nella libreria degli amatori e degli addetti ai lavori. Questa linkata è la terza edizione pubblicata nel 2001 di un’opera realizzata trent’anni prima con lo scopo di fare un compendio meno impegnativo del Trattato di Enologia in due volumi che lo stesso Peynaud scrisse con il suo maestro Jean Ribéreau-Gayon.
Fedele alla prima versione, ma aggiornata in modo capillare in ogni sezione grazie alla collaborazione di Jacques Blouin, suo allievo prediletto all’Università di Bordeaux II, è un libro che ha il pregio raro di divulgare in modo armonico, senza la minima forzatura, gli aspetti più scientifici della disciplina con quelli più pratici e allo stesso tempo più umanistici: una lettura a più piani che nutre lo specialista e stimola l’appassionato attraverso una scrittura così “sentita” e così impregnata di entusiasmo da rendere agevoli perfino i concetti più rigidamente protocollari e le analisi più sottili e complesse.

Per capirne lo spirito, trascrivo qui la breve introduzione dell’autore*:

“Ogni partita d’uva ha una personalità unica, da rivelare e da orientare verso la sua migliore realizzazione. Ogni partita ha molte possibilità ma, così come ogni bambino che inizia la scuola materna non potrà diventare Mozart, Molière, Einstein o Zidane, sarà pure difficile – impossibile per essere franco – che ogni raccolto si trasformi in Yquem, Romanée Conti, Vega Sicilia o Dom Pérignon. Il suo potenziale genetico e culturale lo orienterà più semplicemente verso un grande vino da conservare, un piacevole vino da pasto o un semplice vino da picnic.
Non sbagliare il metodo, l’obiettivo, questo è il primo compito di qualsiasi produttore e – laddove presenti – dei suoi consulenti per valorizzare al meglio ogni partita d’uva a sua disposizione. Non sbagliare gli strumenti è il secondo dovere. Le conoscenze dei meccanismi di maturazione, di fermentazione e di affinamento non sono mai troppe, ma il successo, la bontà del risultato finale, non è mai il frutto di tale prodotto, di tale macchinario, di tale tecnica, per quanto eccellenti siano. Anzi, va detto che le probabilità di successo diminuisce sommando le pratiche (anche se individualmente di valore) importate da situazioni diverse e utilizzate senza la necessaria consapevolezza. Invece di una magnifica sinfonia, così facendo, si arriva a un’orribile cacofonia. Ciascun produttore deve conoscere e poter utilizzare tutti i mezzi attuali, ma una selezione rigorosa è fondamentale, anzi è una via obbligata. Spesso una semplice “ragionata” resta la migliore guida verso i migliori vini.”

Una sintesi talmente efficace che a mio avviso vale da sola il prezzo di copertina.

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