10 marzo 2012 | Francesco Falcone

Produttore di vino o vignaiolo?

di Francesco Falcone
vignamani

È il mio perenne punto interrogativo.

Mi capita spesso di utilizzare i due sostantivi rivolgendomi allo stesso individuo, forse sbagliando. Porto l’esempio di due titolari di azienda nel comune di Monforte d’Alba, nella Langa del Barolo: Silvano Bolmida una volta è vignaiolo, un’altra produttore, eppure nel suo caso la prima opzione è la più giusta. Marco Parusso, altrettanto bravo, nasce vignaiolo e figlio di vignaiolo, ma oggi la sua realtà produttiva è cambiata, si è ingrandita, le esigenze del mercato anche (lui è spesso in giro a far promozione) e dunque in questi anni è forse più produttore di vino che non vignaiolo.

In realtà vignaiolo è una bella parola e tendo a usarla con più frequenza, ma sarebbe meglio, appunto, distinguere. Sarebbe più giusto affiancarla solo a chi si sporca mani e scarpe nella vigna, che vive la vigna come lavoro quotidiano, che conosce le sue piante come figlie o quasi, che gioisce e soffre con esse, che ha la possibilità, il dono, la capacità di osservarne le sfumature, di riconoscerle, di capire che frutti gli darà, che cosa si ritroverà in cantina, come dovrà intervenire nelle successive fasi di vinficazione.

Chi ha lavoratori specializzati e consulenti, dall’agronomo all’enologo, chi trascorre più tempo in ufficio o su un aereo che non in campagna, chi è costretto a districarsi tra mille impegni e non solo nella gestione agronomica ed enologia, sarebbe meglio definirlo produttore di vino.

Il punto di arrivo è sempre una bottiglia (buona, si spera), ma diverse sono le strade per arrivarci. C’è chi ha a disposizione autostrade, chi sentieri (anche se talvolta non è così). Chi va in giro per il mondo e chi sta sul trattore (sebbene alcuni facciano le due cose insieme). Chi arriva alla vigna per hobby o per passione, chi lavora da generazioni.

Un grappolo di lampia, uno di michet e uno di rosé sono ugualmente diversi, quel che ti dà l’uno non ti dà l’altro, l’importante è saperli riconoscere: forse un vignaiolo ha più “occhio” e più tempo per non sbagliare. Per conoscerli a fondo. È questo il valore aggiunto del mestiere, perché senza conoscenza non c’è amore.

A questo punto non so se la differenza vi è chiara, a me non ancora.

Il mondo è bello perché è vario, dicevano i nostri nonni, un adagio che va bene anche e soprattutto per il vino.

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